Il peggior nemico di chi fa impresa è operare in un contesto contrassegnato da incertezza sul futuro e da ostacoli legislativi
Non sono un politico e non ho mai fatto politica. Sono un economista aziendale e soprattutto un imprenditore, un imprenditore interessato al tessuto sociale ed economico del nostro territorio.
Secondo gli ultimi dati provvisori dell’Ufficio federale di statistica, il 99,7 % delle imprese in Svizzera sono piccole e medie imprese, le famose PMI, ovvero imprese commerciali con meno di 250 impieghi. Tra queste ci sono le microimprese che contano meno di 10 dipendenti e rappresentano quasi il 90 % di tutte le aziende. Questo significa che 9 aziende su 10 che operano sul nostro territorio sono piccole realtà imprenditoriali con al massimo 9 collaboratori. Le PMI sono quindi la quasi totalità del tessuto economico della Confederazione e generano qualcosa come oltre 3 milioni di posti di lavoro che corrispondono a oltre il 67% dell’intero mercato del lavoro nazionale. Possiamo dunque definirle, senza paura di essere smentiti, il motore trainante della nostra economia: creano posti di lavoro e generano indotto e benessere generale per l’intero Paese.
Nel 2012 insieme a mio fratello Pierfranco abbiamo fondato un’azienda che si occupa di facility, offrendo servizi di sostegno all’attività principale dei nostri clienti. A inizio 2013 l’organico contava un solo dipendente, il sottoscritto, oggi diamo da lavorare a oltre 300 collaboratori sparsi sull’intero territorio ticinese e in Svizzera romanda.
L’esperienza maturata in questi anni mi dice che un’impresa per essere solida, sana e con un potenziale di crescita necessita di un contesto in cui le istituzioni fissino sì delle regole, senza però imporre inutili complessità che rallentino o addirittura inibiscano la creazione di valore. Un imprenditore, indipendentemente dalla dimensione della sua azienda, deve potersi dedicare completamente ai propri affari, plasmare e concretizzare le proprie idee, essere presente sul mercato, definire gli elementi distintivi del suo prodotto/servizio, determinare le proprie scelte organizzative e, infine, dare un’impronta e trasmetterla ai collaboratori con passione ed entusiasmo.
Negli ultimi 10-15 anni invece, chi fa impresa sul nostro territorio si è ritrovato a doversi districare all’interno di una miriade di regolamentazioni che tendono a voler gestire l’eccezione anziché la norma. Perché, diciamocelo, nonostante i tanti, troppi tentativi di discreditare la categoria, la maggior parte degli imprenditori e le loro rispettive aziende, con grande senso di responsabilità individuale, operano in maniera virtuosa e nel pieno rispetto delle regole. L’imprenditore non ha bisogno quindi di inutili ostacoli creati da un’altrettanta inutile burocrazia: le istituzioni dovrebbero anzi favorire chi fa impresa!
In questo senso, sarebbe auspicabile che lo Stato garantisse presupposti quadro entro le quali operare in serenità e con grande prontezza rispetto alle condizioni definite dal mercato. Non sto parlando di attrattiva fiscale, per quanto possa rappresentare un fattore competitivo importante per un Cantone, ma di elementi che contraddistinguono un territorio orientato al futuro: diversità di aziende e settori, mercato del lavoro attraente per talenti e per competenze (perché ricordiamocelo sempre: sono le persone che creano valore!), innovazione, incentivi per famiglie e giovani e per finire, ma non per importanza, istituzioni snelle, veloci e flessibili che contribuiscano in maniera tangibile al successo economico del nostro territorio.
Dario Gabella