Articolo di Ugo Bertone
Torinese, classe 1953. Giornalista di lungo corso prima al Sole 24 Ore, poi alla Stampa (come caporedattore centrale e come responsabile della sede di Milano), già direttore di “Borsa e Finanza”. Ha diretto per cinque anni le attività editoriali dell’associazione italiana degli analisti finanziari. Collabora con il Foglio, Libero e Arbiter.
Bisogna provarci
Non è facile essere ottimisti in una stagione come questa, segnata dalla pandemia e dai venti di guerra che soffiano da Est. Ma bisogna provarci. Certo, d’istinto si è tentati di chiudere le porte per evitare i contagi che minacciano di contaminare, uno in fila all’altro, le basi della convivenza. Non solo le malattie, ma anche il malessere sociale, l’inflazione, i flussi di merci e persone che, da veicolo di crescita e ricchezza, sembrano essersi trasformati in canali di diffusione di morbi sconosciuti. Il rischio è di rifugiarsi in una sorta di quarantena spirituale, segnata dalla diffidenza, anzi dalla paura dell’altro o, più semplicemente del nuovo. Prima la pandemia, poi la guerra, ci costringono a modificare le catene di approvvigionamento (le «supply chains») dell’economia globale, con un aumento significativo dei costi e una caduta dei redditi che, come sempre, colpisce i più poveri. La caduta dei redditi, non a caso, coincide con una certa attrazione per l’uomo forte o, comunque, per le scelte autoritarie. Dopo la caduta del Muro di Berlino si parlava addirittura di “fine della storia” con il trionfo dei valori della democrazia. Ahimè, non è andata così. Oggi, proprio nel momento in cui il mondo dovrebbe essere unito per risolvere i problemi globali si riaffacciano tendenze autoritarie e reazioni nazionalistiche.
Ragioni per vedere nero, insomma, non mancano. Ma è in momenti come questi che deve emergere la stoffa buona delle nazioni. Una materia prima che la Svizzera ha dimostrato di possedere da sempre, praticando da secoli quella tolleranza e quel rispetto reciproco con gli altri che è alla base della prosperità degli Stati, così forti da capire che la felicità nasce dal rispetto degli individui. Sono principi che, in un mondo complesso come quello di oggi, non può che passare dalla conoscenza. Ma, così come i vaccini ci hanno dimostrato, la via maestra per sconfiggere i virus e cancellare le cicatrici prima che diventino segni indelebili consiste nella ricerca e nel saper guardare avanti. Così come la scienza ci ha dimostrato di poter trovare, a tempo record, i vaccini per combattere la moderna peste, così occorre aprire le finestre, far circolare le idee, mettere a punto le soluzioni capaci di aggredire il virus spirituale che sta inquinando le coscienze, a partire dai più giovani. E’ una partita complicata in cui non si può contare su alcuna arma segreta, salvo la memoria della nostra storia, l’onestà ed il buon senso che derivano da una storia secolare.
Il futuro del Ticino, gemma benedetta di un Paese fortunato, non appartiene a case da gioco o speculazioni più o meno vincenti, come si è voluto far credere nella stagione dei balocchi in cui i demagoghi hanno parlato solo di” diritti” spesso infondati. Mai di quei doveri che da sempre sono parte del dna di un Paese cresciuto grazie alla fatica ed all’intelligenza, all’apertura verso la pianura lombarda, il retroterra naturale, così come nella cerniera verso l’Europa germanica. Una missione complessa, in cui trova ragion d’essere la vocazione turistica ma anche il ruolo di cerniera culturale tra Nord e Sud. Una missione che oggi impone al Ticino di rinnovarsi senza dimenticare le proprie radici.
E’ il senso di House of Switzerland. Il nuovo centro culturale a Milano, che si propone di fare da piattaforma di incontri e di idee tra i due Paesi inaugurato alla presenza del ministro e dell’innovazione Vittorio Colao e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, seduti in prima fila a dimostrare la vicinanza tra i due Paesi. “Mi piace pensare a questo progetto come a un incubatore di idee, scambi, proposte, e collaborazioni “, ha detto il presidente della Confederazione Svizzera Ignazio Cassis. “Questo è un luogo importante per approfondire le nostre già intense relazioni con l’Italia — gli fa eco Monika Schmutz Kirgöz, ambasciatrice della Svizzera in Italia — la forza innovativa della Svizzera e la sua importanza come centro scientifico e tecnologico sono ancora poco conosciute al grande pubblico. Con la House of Switzerland vi mostreremo quindi i molti lati innovativi, creativi e sorprendenti del nostro Paese “. Un’occasione importante per allargare “quell’ecosistema dell’intelligenza che- parole del ceo di Switzerland Global Enterprise – per definizione non ha confini”. Ma ha bisogno di un territorio ove sviluppare un futuro basato sulle scienze della vita, l’energia e le nuove tecnologie. Una Silicon Valley che faccia da ponte tra Italia e Canton Ticino, con un contributo originale in materia di cooperazione spaziale, logistica integrata strada-cielo, smart city ed intelligenza artificiale che può correre tra Milano e Bellinzona.
Un programma ambizioso, forse troppo. Oppure no. La situazione internazionale impone , unico antidoto contro la paura, di volare alto verso l’obiettivo di essere uno dei laboratori di un futuro migliore.