“La svizzera non è il paese dell’orologio a cucù” è il titolo della conferenza svoltasi a villa Ciani di Lugano (organizzata dal Circolo Caro Battaglini di cui è presidente Morena Ferrari Gamba) che ha visto un confronto tra un politico di vaglia come Alex Farinelli, Consigliere nazionale, e Lorenzo Sganzini, che ha diretto la Divisione cantonale della cultura ed ha appena pubblicato in Svizzera. Sulle tracce di Helvetia (Gabriele Capelli Editore,2022). L0incontro è stato moderato in modo eccellente da Pietro Montorfani, Responsabile della Biblioteca Salita dei Frati, che ha sollecitato i relatori con puntuali domande animando la partecipazione attiva del numeroso pubblico presente. Quando si parla di Svizzera son d’uso stereotipi come quello pronunciato da Orson Welles ( “in svizzera con 500 anni di amore fraterno, democrazia e pace cos’hanno prodotto? L’orologio a cucù”). Tra l’altro, l’orologio a cucù viene dalla Foresta Nera e in ogni modo l’identità svizzera, ha rilevato Montorfani, non è un monolite definito una volta per tutte, ma sempre in dialogo in un mondo che cambia. Io, ha detto Sganzini, ho fatto un viaggio alla ricerca della mia identità, un viaggio con la testa molto libera con il gusto della scoperta e ho trovato che le pietre, i documenti, ci fan capire molte cose. Mi sono commosso in molti luoghi simbolici come l’altare della nostra patria fatta da un praticello e quel volto di Helevetia su un ponte di Basilea riportato sui due franchi. Abbiamo tante Ginevra, Mariana, ma poche Helvetia, donna nazione: mi commuove per il suo essere molto svizzera. Cos’è l’identità? Si è chiesto Alex Farinelli. Una cosa soggettiva, non stabile nel tempo, non eterea. Non c’è una sola lingua, non una solla cultura, né un’unica religione. L’identità è un modo di vedere le cose. Siamo un piccolo miracolo che non dovrebbe esistere, ma che esiste. Federalismo vuol dire divisione e invece è parte della nostra unione. Quando all’aeroporto vediamo un passaporto rosso, non sappiamo chi sia la tal persona, né la conosciamo, eppure ci sentiamo intimamente legati, anche se non parla la nostra linguae non condivide la nostra cultura. Vedo, dice Montorfani, in un museo l’identità in modo provocatorio come espressione di tutte le identità. Anzi, questa parola dovrebbe essere sempre declinata al plurale, in cerchi concentrici. In quattrocento anni di influenza degli Urani non siamo diventati come loro: siamo rimasti ticinesi. Anzi, aggiunge Sganzini, di cultura italiana. Anche nell’apprendere la storia, nella poesia, nel supporto didattico. La Svizzera allora non esiste? Esiste in questo. Anzi, l’UE è nata come ideale sul modello elvetico, per fare una Svizzera ingrandita, completa. Ci manca forse una canzone. Son cresciuto con i motivi di Lucio Battisti e studiando la cavallina storna. Chissà se torna. Paradossalmente, nota Farinelli, siamo tra aggregare o disgregare. E’ questa diversità palese che ci caratterizza anche sul piano politico nelle due Camere con peso diverso. Siamo per fortuna una nazione benestante e per questo non si cade in predominio gli uni sugli altri. Il nostro è un sistema di società: tre svizzeri che si incrociano, creano una fondazione. Per questo è opportuno non frammentare la società, se ci dividiamo tra buoni e cattivi, spacchiamo gli equilibri ed entriamo in un circolo vizioso. Preziosa e fragile è la diversità. Ma se si spacca un uovo, impossibile è rimetterlo nel guscio.
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