Lo spunto per questo intervento quale ospite me lo ha dato la recente riforma dell’AVS che chiedeva l’innalzamento dell’età del pensionamento per le donne. La riforma è passata, come è noto, suscitando numerose critiche. Già che le donne sono economicamente svantaggiate – affermavano – tale provvedimento le svantaggerà ancora di più. Vero, verissimo, talché anche io ho firmato una petizione di protesta in questo senso. Però non vorrei essere fraintesa. Critico questa misura perché in termini di fatto le donne ricevono oggi pensioni oggettivamente più basse: i loro percorsi lavorativi vengono resi difficoltosi dal doppio lavoro (famiglia, figli) nonché dai mille ostacoli visibili e invisibili che si frappongono alla carriera. In termini di fatto.
Ma in termini di diritto, e soprattutto di giustizia, quella con la G maiuscola, del Giusto in senso etico-filosofico? Eh be’, lì qualcosa non va. Perché in una società di pari, dove si godono pari diritti e pari doveri e qualcosina viene fatto anche per aggiustare le condizioni economiche, non si capisce perché il pensionamento debba essere differenziato per sesso. Ma nemmeno, ed ecco il punctum dolens che volevo approfondire, neanche parificato per età, a pensarci bene. Ma chi ha deciso che a 64 o 65 anni, donne e uomici, si è da buttar via, non si deve più lavorare ma andare a dar da mangiare ai piccioni seduti sulla panchina, o a ingrassare il turismo dei cimiteri per elefanti? A quale beautiful mind è venuto in mente che chi lo desidera e ha le forze, la testa e le capacità, non deve più dedicarle alla società, alla realizzazione personale e, sì, anche al guadagno, ma può darsi unicamente a volontariato, beneficenza, assistenza ai nipoti e simili? E questo, attenzione, mentre fior di personaggi pubblici e privati, tra i quali tanti politici, continuano le loro attività lucrative in età ben superiore ai 64 o 65 anni e nessuno mette loro in mano il sacchetto di granoturco. Perché non giocare sulla flessibilità e le inclinazioni delle persone? E soprattutto, perché far passare l’idea che il lavoro è un peso e una condanna di cui ci si deve al più presto liberare!? Certo che ci sono lavori logoranti e di poca soddisfazione, e allora si lasci che coloro che li esercitano ricevano un pensionamento anticipato, senza per questo impedire di lavorare a chi lo desidera ed è in grado di continuare, anzi spesso è molto più attrezzato e preparato di persone con qualche decennio di meno. L’ingiustizia del pensionamento per tutti alla stessa età era un cavallo di battaglia della grande scienziata Rita Levi Montalcini, che ora ci guarda dal paradiso degli scienziati e dei filosofi e di tutti quelli che amano il proprio lavoro e vorrebbero continuare a esercitarlo, nel rispetto di chi preferisce smettere anche prima della data canonica. Che ci mandi lei qualche buon consiglio.
Francesca Rigotti – Filosofa e saggista