Lo scorso fine settimana è stata accettata la riforma dell’AVS 21 con un risultato al fotofinish del 50.6% di voti a favore (circa 30’000 voti di differenza). Il risultato mostra quanto non solo la problematica della sostenibilità finanziaria dell’AVS e del sistema pensionistico nel suo insieme sia delicata, ma anche quanto lo sia il tema dell’uguaglianza e della parità di trattamento tra uomini e donne. Il tema delle difficoltà finanziarie dell’AVS, dovuto principalmente all’evoluzione demografica, non è stato messo in discussione. È un dato di fatto che la speranza di vita è costantemente aumentata, che si assiste all’invecchiamento della popolazione e che le persone a beneficio delle rendite AVS aumenta maggiormente rispetto alle persone attive professionalmente che versano i contributi. A ciò si potrebbe anche aggiungere che la speranza di vita alla nascita delle donne in Svizzera è maggiore di quella degli uomini (85 anni contro 81). Infine, l’AVS non può certamente essere accusata di essere un sistema discriminatorio e anzi, essendo il contributo prelevato sul salario, i redditi più elevati contribuiscono maggiormente al suo finanziamento, a fronte di rendite plafonate per tutti. Perché mai avremmo dunque dovuto rifiutare l’aumento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni? E qui entra in gioco il secondo tema, quello cioè dell’annosa e attualmente ancora irrisolta questione della parità tra uomini e donne. Problematiche quali le differenze salariali, opportunità di carriera, posizioni in ruoli dirigenziali, riconoscimento del lavoro di accudimento dei figli sono solo alcuni temi lungi dall’essere risolti, che hanno come conseguenza una situazione pensionistica delle donne svantaggiosa rispetto a quella degli uomini. Salari e percentuali di lavoro più basse sfavoriscono le donne, sia durante la vita professionale ma anche al momento della pensione. Difficile risulta altresì immaginare che in queste circostanze le donne possano compensare il proprio svantaggio con una previdenza privata (terzo pilastro). Tutto ciò ha come conseguenza che le donne hanno, secondo quanto sostenuto dai contrari alla riforma, rendite pensionistiche globali (primo, secondo e terzo pilastro) inferiori di circa 1/3 rispetto agli uomini. Abbiamo deciso democraticamente di alzare di un anno l’età di pensionamento delle donne e parificarla a quella degli uomini per stabilizzare per alcuni anni il nostro primo pilastro. L’uguaglianza però non deve andare in una sola direzione e altre riforme sono tanto urgenti quanto necessarie. Prima di parlare di una nuova revisione dell’AVS (le misure appena decise avranno effetto per una decina d’anni e conoscendo i tempi della democrazia svizzera il dossier dovrà essere riaperto a breve) bisogna assolutamente affrontare il tema della previdenza professionale. Le discussioni a Berna sono già iniziate e promettono di essere accese, ma devono essere portate avanti con determinazione cercando soluzioni che correggano gli squilibri attuali.
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